Nel corso del 2020, nel pieno dello tsunami chiamato covid che si era abbattuto sulle nostre vite, e con particolare ferocia nelle Residenze sanitarie assistenziali, l’aspettativa di noi lavoratori di queste strutture era che una volta passata l’emergenza le cose per le case di riposo sarebbero finalmente cambiate. In meglio.
Pensavamo infatti che il mondo politico non avrebbe più potuto far finta di non vedere queste realtà in cui lavoriamo. Sentivamo i racconti di collegh* di varie strutture della zona, la televisione passava le notizie sul contagio dilagante, ed eravamo sempre più convinti che passata l’emergenza le RSA e le condizioni di chi ci vive e di chi ci lavora sarebbero state tra le priorità di chi governa, sia a livello regionale che nazionale.

Cosa ci si aspettava? Beh, la tanto attesa, e mai realizzata, riforma delle IPAB qui in Veneto, tanto per iniziare.
E poi un’attenzione a tutte quelle lavoratrici e quei lavoratori di quelle strutture private che applicano ccnl che corrispondono retribuzioni di gran lunga inferiori a quelle del comparto sanità o delle rsa pubbliche. Lavoratrici e lavoratori a volte precari, altri che operano con cooperative che hanno un qualche tipo di appalto. Persone che durante il covid non si sono mai risparmiate lavorando in vere e proprie trincee.

E invece? Come è andata a finire?

Se facciamo un bilancio di cosa è stato fatto e cosa no, non può che essere negativo sotto diversi aspetti; quasi tutti ad esclusione della campagna vaccinale che ha visto le rsa coinvolte con rapidità.
Oltre la già citata mancata riforma delle Ipab in Veneto, vi è la questione del premio giustamente elargito dalla regione Veneto alle lavoratrici e ai lavoratori del SSN che si sono trovati in prima linea contro il virus, ma dal quale è stato escluso tutto il personale delle RSA che in molti casi si è trovata a combattere il virus con scarsi strumenti. Su questa questione c’è stata una presa di posizione tiepida da parte delle organizzazioni sindacali, un annuncio di mobilitazioni di fatto mai partito e di cui non si sente più parlare. Ma d’altro canto a non premiare chi lavora nelle RSA non si rischia certo cali di popolarità, anzi.


Infine c’è il decreto regionale sulla cosiddetta “terza S” degli OSS usata per sopperire alla mancanza di infermier* nelle case di riposo, prevedendo la delega di alcune attività infermieristiche – sotto però responsabilità dell’infermiere – all’ oss che ha seguito un apposito percorso formativo. E’ questo un decreto che va incontro a vecchie rivendicazioni delle parti datoriali e che rischia di esporre lavoratori a responsabilità di natura giuridica enormi. Decreto che la Regione pare non aver alcuna intenzione di ritirare e che meriterebbe una analisi attenta troppo lunga da fare qui ora, ma che non può non entrare in un dibattito sul futuro delle RSA.
Purtroppo questo è attualmente lo stato delle cose, e solo la presa di coscienza, la solidarietà di classe e la mobilitazione di tutte le lavoratrici e lavoratori può portare a qualche risultato.
Ma riuscire ad ottenere una consapevolezza di classe tra tutt* è molto difficile, ci sono differenti livelli retributivi da struttura a struttura, una miriade di ccnl, coabitazione in alcune strutture di personale a tempo indeterminato con altro precario e/o di cooperative a cui è stato appaltato il servizio.
Motivo questo per contestare duramente la disarticolazione del lavoro avanzata sempre più in questi anni a tutti i livelli, con continue esternalizzazioni e appalti che diversificano salari e condizioni lavorative di chi lavora fianco a fianco. L’internalizzazione e l’innalzamento di salari e diritti per tutto il personale sono aspetti fondamentali da cercare di raggiungere, contrastando diversificazione di contratti e di condizioni di lavoro.

Inoltre investire le proprie forze nelle RSU è una delle poche strade da percorrere: la riconquista di un ruolo centrale, indipendente e per buona parte autonomo delle RSU è condizione credo necessaria.
Come lavoratore di una RSA ho sempre sentito la vicinanza del nostro Partito durante i momenti più duri soprattutto durante la prima ondata, ricordo ancora come noi di Rifondazione siamo stati gli unici ad assumere posizioni fortemente critiche nei confronti del direttore dell’Aulss 2 di Treviso per sue dichiarazioni sui contagi all’interno delle RSA, fatte in un momento in cui in molte strutture ancora non erano stati predisposti, dall’Aulss stessa, i tamponi al personale e ospiti; dobbiamo continuare a lottare per il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle varie strutture e batterci perché le RSA siano assorbite dal Servizio Sanitario Nazionale, togliendole al business delle spa e privati vari.


Roberto De Polo, Operatore socio sanitario ed RSU del Gris di Mogliano

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